È ammissibile il credito d’imposta “a catena” per il riacquisto della “prima casa”: è quanto deciso, su questo annoso e spinoso tema, dalla sentenza n. 2072 della Cassazione, depositata il 3 febbraio 2016.
Per comprendere l’argomento, occorre rammentare che, ai sensi della legge 448/1998, sorge un credito d’imposta in capo a chi venda un’abitazione comprata con l’agevolazione “prima casa” e, entro un anno, riacquisti un’altra “prima casa”. Il credito d’imposta è pari all’imposta di registro o all’Iva pagate in sede di primo acquisto, nei limiti dell’importo dell’imposta di registro o dell’Iva assolti in sede di secondo acquisto.
E così, immaginiamo, ad esempio, che: Tizio nel dicembre del 2011 abbia comprato la “prima casa” spendendo 900 euro per imposta di registro; nel maggio 2013 Tizio abbia venduto la casa e nel febbraio 2014 abbia comprato un’altra “prima casa”, con un atto che avrebbe dovuto scontare (se non ci fosse stato un credito d’imposta scomputabile) 1.300 euro per imposta di registro. In quell’occasione Tizio ha dovuto effettivamente sborsare 400 euro, perché ha portato in compensazione 900 euro di credito d’imposta.
Fin qui tutto chiaro. La situazione si fa complicata se si immagina che Tizio nel luglio 2015 abbia venduto la casa comprata nel 2014 e che, nel febbraio 2016, compri un’ulteriore “prima casa” con un atto per il quale siano dovuti 700 euro per imposta di registro. È la situazione che, nel gergo degli addetti ai lavori, è appunto definita come il problema del credito d’imposta “a catena”.
Quanto dunque deve effettivamente sborsare Tizio nel 2016? Almeno tre sono le alternative:
- a) euro 700, perché ha consumato tutto il suo credito nel 2014;
- b) euro (700 – 400 =) 300, e cioè l’importo che risulta sottraendo dalla tassazione teorica del 2016 quanto concretamente speso nel 2014;
- c) euro zero, perché l’importo di 700 euro è totalmente assorbito dalla tassazione del febbraio 2014 (seppur l’esborso concreto sia stato di 400 euro, perché affievolito dall’utilizzo del credito d’imposta maturato ricomprando entro un anno dal maggio 2013).
La risposta della Cassazione è, dunque, in quest’ultimo senso, il più favorevole al contribuente: la Suprema Corte afferma che il contribuente si può avvalere del credito d’imposta «anche se tale credito si era formato non già con il pagamento» di una «somma ma in virtù di utilizzo di altro credito d’imposta relativo al precedente acquisto»; e ciò in quanto lo spirito della normativa sul credito d’imposta «mira a incentivare l’acquisto della prima casa beneficiando il contribuente autorizzandolo ad avvalersi più volte sempre del medesimo credito d’imposta, anche qualora quest’ultimo per motivi personali sia indotto a rivendere l’immobile acquistato per acquistarne altro più adatto alle mutate condizioni personali o familiari».
Fonte: Il Sole 24 Ore
Articolo scritto il 04/02/2016 da: Angelo Busani